L’inglese stonato degli italiani all’Eurovision Song Contest
Dopo essere stato trattato per anni con una certa freddezza, l’Eurovision Song Contest sta ritrovando un nuovo interesse anche nel nostro Paese: negli ultimi anni gli ascolti televisivi sono cresciuti, come pure l’entusiasmo del pubblico sui social. Le visualizzazioni su youtube dei brani in competizione superano di gran lunga quelle dei festival e degli spettacoli domestici (come Sanremo o X-Factor) e le case discografiche hanno ricominciato a investirci. E’ una buona notizia. Non tanto per la musica in generale, ma soprattutto perché l’Eurovision Song Contest riesce a portare a livello di spettacolo un orgoglio europeo che spesso soccombe in altri ambiti di discussione.
Ma chi rappresenta l’Italia alla manifestazione è interprete di questo spirito?
A giudicare dagli ultimi concorrenti italiani (Emma Marrone, Marco Mengoni, Il Volo, Francesca Michielin e Francesco Gabbani) qualche dubbio ci viene. I giovani rappresentanti italiani, che dovrebbero appartenere alla cosiddetta “generazione Erasmus” non riescono ad esprimersi correttamente in inglese e, in quasi tutti i casi, le loro interviste sono davvero imbarazzanti.
In questa intervista, ad esempio, Emma Marrone prova a parlare in inglese, ma dopo un po’ ammette di non comprendere le domande, se le fa tradurre e preferisce rispondere in italiano:
Il rappresentante italiano della prossima edizione, Francesco Gabbani, non va molto meglio. Il suo inglese è pre-scolastico. Si salva solo grazie alla sua simpatia, come si evince da questo video:
Marco Mengoni prova a rifugiarsi nel nonsense, ma la sua conferenza stampa è un momento da dimenticare, nonostante la presenza di una interprete al suo fianco e la benevolenza degli intervistatori:
Molto meglio Francesca Michielin, più a suo agio con la lingua anglosassone, ma spesso la brava cantautrice italiana chiede l’intervento dell’interprete e inciampa in qualche intercalare italiano:
I tre componenti del “Il volo”, invece, se la cavano meglio di tutti: la loro carriera internazionale di certo li agevola, ma – per quanto il loro stile non sia prettamente moderno – riescono a essere più credibili e spontanei. Chapeau!